l'Astrofilo settembre 2013

CORPI MINORI ASTROFILO l’ cavate con quelle raccolte nel visibile è pos- sibile ottenere valori più attendibili del dia- metro e quindi dell'albedo. Se questa è molto bassa, ad esempio inferiore a 0,10- 0,08, si sta con ogni probabilità osservando un nucleo cometario, se invece è più alta di quel limite aumentano le probabilità che si tratti di un asteroide. Ma non è facile cal- colare con precisione il diametro di un pic- colo oggetto oscuro che si trova a centinaia di milioni di chilometri dalla Terra. Il caso di Chiron è emblematico per sottolineare le difficoltà che gli astronomi incontrano nel misurare i diametri dei centauri: negli ul- timi 30 anni per quell'oggetto sono stati proposti valori del diametro compresi fra 150 e oltre 300 km, e solo quest'anno, gra- zie al telescopio spaziale Herschel è stato ottenuto quello che può essere definito il valore più attendibile, circa 220 km. Bauer e colleghi confermano sostanzialmente quest'ultimo valore, proponendo il loro 201±62 km, per un'albedo di circa 0,06. Ma tutto sommato questo già si sapeva, men- tre la vera novità emersa dal lavoro del team di Bauer è che ben i ⅔ del campione di centauri esaminati mostra albedo tipiche delle comete, mentre per il restante terzo la natura degli oggetti rimane incerta. Lo scenario che vedeva Chiron e i pochi altri nuclei cometari accertati essere degli intrusi in una popolazione di asteroidi si è dunque completamente ribaltata, con gli intrusi che potrebbero essere gli asteroidi, ammesso che ve ne siano. Alla luce dei nuovi risultati non si può infatti escludere che tutti (o quasi) i centauri siano comete. A ben guardare, le differenze fra quelle due categorie di corpi minori non sono poi così nette come si è sempre creduto. Le scoperte degli ultimi decenni ci insegnano infatti che le peculiarità dei loro rappresen- tanti rispecchiano semplicemente le condi- zioni chimico-fisiche offerte dal disco protoplanetario a diverse distanze dal na- scente Sole. Gli asteroidi più interni e quelli della fascia principale differiscono dalle co- mete essenzialmente per due aspetti: sono molto più poveri di quegli elementi volatili che furono sospinti dal protoSole verso l'esterno del sistema e hanno un'albedo sen- sibilmente più alta a causa dell'evoluzione collisionale cui sono sempre andati soggetti e che ne ha stravolto le superfici più di quanto avvenuto per le comete, esponendo terreni non anneriti dagli agenti del cosid- detto “meteo spaziale”. Per il resto, come ci hanno confermato le sonde che hanno foto- grafato da vicino comete inattive e asteroidi, è pressoché impossibile distinguere le une dagli altri. Capire quanto sono variate nel tempo le superfici dei corpi minori e quali elementi volatili (e in che quantità) sono an- cora conservati al loro interno fornisce in de- finitiva informazioni sulle distanze dal Sole alle quali quei corpi si sono formati, mentre la loro eventuale attività cometaria (ma anche l'assenza di questa) fornisce informa- zioni sulla permanenza di quegli stessi corpi nelle orbite attualmente percorse. I n questa com- parazione fra alcuni dettagli superficiali della cometa Wild 2 (a sinistra) e del probabile cen- tauro Phoebe, si nota chiaramente come fra i due oggetti non esi- stano differenze sostanziali. En- trambi gli oggetti si sono quasi cer- tamente originati nella fascia di Kuiper. [NASA] n

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