l'Astrofilo settembre 2012
STRUMENTI ASTROFILO l’ di pianeti sul disco di stelle relati- vamente brillanti. Tutte le più im- portanti survey oggi dedicate al- l’osservazione di transiti planetari utilizzano grandi telescopi che si focalizzano su ristrette regioni di cielo, che vengono scandagliate in profondità, scegliendo essenzial- mente stelle di tipo solare, lontane anche 5-6000 anni luce. Affinché quei telescopi possano scandaglia- re nel dettaglio e ripetutamente i campi stellari loro assegnati è ne- cessario che quei campi non siano inondati dalla luce di astri partico- larmente brillanti, e si scelgono pertanto come target plaghe cele- sti con singole componenti prefe- ribilmente più deboli della decima magnitudine. Questo avviene per molte survey, come ad esempio quella celeberrima condotta con il telescopio spaziale Kepler. Vi sono però anche altre tecniche, diverse da quella del transito, utilizzate per scoprire pianeti extrasolari e una di esse si basa sulla individua- zione di variazioni periodiche nella velocità radiale delle stelle: se una stella, anziché muoversi lungo una traiettoria rettilinea mostra (solita- mente per via spettroscopica) pic- cole oscillazioni rispetto alle posi- zioni attese, allora è probabile che ospiti uno o più pianeti. Le survey che sfruttano questo principio hanno vita facile all’incirca fino all’8 a magnitudine e divengono sempre meno efficaci per magnitu- dini via via più deboli. C’è quindi una parziale lacuna fra le magni- tudini 8 e 10, dove nessuna delle tecniche adottate dalle principali survey è in grado di garantire un’adeguata rilevazione dei tran- siti planetari. Per tale motivo, alcuni anni fa in un team di astronomi con folta rappre- sentanza presso la Ohio State University si decise di assemblare un insolito strumento fotografico, con il preciso scopo di colmare la lacuna di cui sopra. Per monitorare sistematicamente stelle di ma- gnitudine 8-10 non serve certo un grande dia- metro, anzi, l’ideale è proprio un piccolo o- biettivo di corta focale, che ha anche il pregio di inquadrare ampie zone di cielo ad ogni ri- presa, e quindi di trasferire al software di ge- stione del sistema una gran quantità di dati fotometrici per ogni sessione osservativa. È evidente che più il campo inquadrato è ampio, più rapidamente si completa la scan- sione programmata e prima possono giun- gere i risultati sperati. Per contro una mag- giore quantità di dati per unità di tempo ob- P rimo piano del KELT- South, il mini te- lescopio fotogra- fico alloggiato nella costruzione con tetto scorre- vole che abbiamo visto nell’imma- gine di apertura. [KELT Observa- tories]
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