l'Astrofilo giugno 2013
PLANETOLOGIA ASTROFILO l’ L ’ immagine in basso mostra in maggiore det- taglio le diverse profondità rag- giunte all’interno dei “twin craters”. L’anonimo cra- tere di sinistra (nella realtà a sud) ha una buca decisamente più ampia e pro- fonda, indice del fatto che l’esplo- sione da cui ha tratto origine ha coinvolto molta più acqua di quanto accaduto al vicino cratere Arima. La posi- zione areografica dei “twin craters” è prossima a 17°S; 296°E. [ESA/DLR/FU Ber- lin (G. Neukum)] formazione in quel tratto del sottosuolo marziano era sicuramente presente una di- screta quantità di acqua. Come si può facilmente constatare dalle im- magini qui presentate, le buche dei due cra- teri non sono identiche, differiscono infatti per larghezza e profondità, suggerendo che uno dei due impatti fu più energetico dell'al- tro e/o che fu coinvolta una maggiore quan- tità di acqua. Sia in un caso che nell’altro, i corpi impattanti avevano presumibilmente un diametro non lontano dai 5 km e data la disposizione dei due crateri non si può esclu- dere che siano stati originati contempora- neamente da un asteroide doppio. Il cratere più meridionale, anonimo, presenta una buca più ampia e profonda, cosa che traspare chiaramente dalla mappa topografica, sulla quale con una scala colore altimetrica con- venzionale sono indicati in rosso scuro i ter- reni più elevati e in viola quelli più profondi. L'ipotesi di una maggior concentrazione di acqua al di sotto del cratere anonimo è suf- fragata anche dal fatto che esso si è formato in un'area meno elevata di quella dove ve- diamo l'altro, denominato Arima, e poiché proporzionata alla quantità di acqua interes- sata dal fenomeno. A quel punto il vapore ir- rompe nelle fratture appena generate dal- l'impatto e si sfoga producendo un'esplo- sione tanto più potente quanto maggiore è la resistenza opposto dallo strato di terre- no sovrastante. Quest'ultimo viene general- mente eiettato tutto attorno, ma può anche semplicemente collassare nella cavità lasciata dall'acqua evaporata, nel caso che non vi sia una vera e propria esplosione, riducendosi la pressione del vapore attraverso un semplice e graduale sfiatamento. In entrambi i casi rimane una buca, che a se- conda della larghezza, della profondità e dell’eventuale presenza di ejecta (il mate- riale sparpagliato tutto attorno), potrà for- nire qualche indicazione sul quantitativo di acqua coinvolta. Qualunque sia la sequenza di eventi attraverso la quale la pressione si libera, ciò avviene al centro del cratere, per- ché è in quella posizione che si concentra la maggior parte dell'energia termica deri- vante dall'impatto. I “twin craters” sono una dimostrazione lampante di tutto ciò e la buca centrale rivela che al tempo della loro
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