l'Astrofilo giugno 2012

COSMOLOGIA ASTROFILO l’ della loro interazione con gli atomi del ri- velatore, non c’era modo di ricostruire con la necessaria precisione la direzione di ar- rivo. Sembrava comunque evidente che fos- sero di origine cosmica, fatto poi accertato negli anni ’70. Oggi i GRB vengono collocati nello spazio con elevata precisione, grazie a satelliti specializzati, come Swift, ed è così stato possibile associarli ad eventi (osservati il più delle volte nel giovane universo) che caratterizzano le fasi finali dell’esistenza di stelle molto massicce, le quali esplodono come supernovae originando buchi neri. Questo nel caso dei GRB cosiddetti “lun- ghi”, ovvero con durata superiore ai 2 se- condi; la causa di quelli “brevi”, quindi con durata inferiore ai 2 secondi (il confine non è sempre così rigido), viene invece ri- condotta alla fusione fra due astri collas- sati, ad esempio fra due stelle di neutroni, evento anch’esso estremamente violento e fonte di enormi quantità di radiazioni. Secondo i modelli più accreditati, quegli eventi sono in grado di produrre in pochi secondi tanta energia quanta ne produce una stella come il Sole in 10 miliardi di anni. Gran parte di essa si concentra lungo fasci collimati che spazzano il cosmo per miliardi di anni luce, rimanendo luminosissimi ad al- tissime frequenze. Di fatto i GRB sono gli “oggetti” più luminosi dell’universo, se- condi solo al Big Bang, e considerando che la fase calante dell’evento copre anche le bande che vanno dai raggi X alle onde radio, per rendere l’idea della loro potenza si usa dire (forse esagerando) che all’apice del- l’esplosione pos- sono essere lumi- nosi quanto tutto il resto dell’universo messo assieme! Per via di quella inconcepibile po- tenza, nel corso dei decenni è andata diffondendosi la convinzione che i GRB fossero gli am- bienti ideali, assieme ai buchi neri super- massicci (SMBH), per la produzione dei raggi cosmici, scoperti esattamente un se- colo fa dal fisico austriaco Victor Hess. Definiti impropriamente “raggi”, si tratta in realtà di particelle subatomiche cariche, dotate di un’elevatissima energia (e quindi di un’elevatissima accelerazione), tipica- mente oltre 10 18 eV (un miliardo di miliardi di elettronvolt), contro i 10 13 eV raggiungi- bili negli acceleratori terrestri. L ’ultimo dei 5160 Digital Optical Module schierati negli 86 tunnel ver- ticali di IceCube. Nu- merosi partecipanti al progetto hanno voluto lasciare la loro firma. [National Science Founda- tion / R. Schwarz]

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