l'Astrofilo giugno 2012

COSMOLOGIA ASTROFILO l’ luce aumenta “improv- visamente” di splendo- re, addirittura di un fattore 100 nel giro di un mese e mezzo, pro- babile indizio del fatto che un buco nero dor- miente aveva catturato una “preda” e la stava divorando. Chiaramente, l’atten- zione dei ricercatori si concentrò su quella scena e si iniziarono ad acquisire spettri anche con il Multiple Mirror Telescope del Mount Hopkins Observatory, in Arizona. Da quegli spettri fu evidente che una parte rilevante della luce ultravioletta era prodotta da elio caldissimo in caduta sul buco nero. Tutti i dati raccolti durante l’osser- vazione del fenomeno, proseguita per 15 mesi, sono poi confluiti in un articolo pubblicato su Nature all’inizio di maggio (2012), dal qua- le traspare uno scena- rio intrigante, dove per la prima volta vengono svelati l’identità della “vittima” e l’ante- fatto del “delitto”. Per capire che cosa stava accadendo in quella lontana galassia, la prima cosa da fare era escludere che il fenomeno osser- vato potesse essere attribuibile all’esplo- sione di una supernova, per quanto anomala. La salita al massimo di luminosità era durata troppo e anche il lungo perdu- rare dell’emissione ultravioletta e la scar- sissima presenza di idrogeno nelle righe spettrali erano anch’essi indizi incompati- bili con una supernova. L’alternativa era che si trattasse di un nucleo galattico at- tivo, ipotesi scartata dopo una verifica ef- fettuata con il telescopio spaziale per raggi X Chandra. L’analisi spettroscopica aveva inoltre rive- lato che mentre l’elio dato come in caduta sul buco nero viaggiava a quasi 9000 km/s, tutto attorno si riscontravano velocità del gas di appena 100 km/s. Esisteva quindi una fortissima accelerazione locale attri- buibile a una massa molto rilevante. Escluso l’escludibile, è apparso chiaro che l’abbondante e quasi esclusiva quantità di elio evidenziata dall’analisi spettrale della luce di quel lontano bagliore altro non po- teva essere che la “pistola fumante” di un “delitto cosmico”, e questa interpretazione ha permesso a Gezari e colleghi di capire come sono andate realmente le cose: a finire nel buco nero dev’essere stato il den- so nucleo di una stella evoluta, già spoglia- L ’aumento di luminosità do- vuto alla caduta della stella sul buco nero è ben illustrato da que- ste immagini. Nell’ultravioletto il segnale rice- vuto da GALEX è cresciuto di circa 350 volte. [NASA, S. Gezari (Johns Hopkins Univ.), A. Rest (STScI), and R. Chornock (Harvard-Smi- thsonian CfA)]

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