l'Astrofilo settembre-ottobre 2016
CRONACHE SPAZIALI ASTROFILO l’ Q uesta immagine spettaco- lare della regione di forma- zione stellare nella Nebulosa di Orione è stata ottenuta con una serie di pose della camera infra- rossa HAWK-1 al telescopio VLT dell'ESO in Cile. È l’immagine più profonda di questa regione di cielo finora realizzata e rive- la molti più oggetti di massa planetaria di quanto ci si aspet- tava. [ESO/H. Drass et al.] sto è importante: “Compren- dere quante stelle di piccola massa si trovano nella Nebu- losa di Orione è molto impor- tante per meglio definire le attuali teorie di formazione stellare. Ora abbiamo visto che il modo in cui questi og- getti di massa molto piccola si formano dipende molto dal- l'ambiente in cui nascono” . Questa nuova immagine ha causato una grande eccita- zione in quanto mostra una abbondanza inaspettata di oggetti di massa molto pic- cola, il che suggerisce a sua volta che la Nebulosa di Orio- ne possa fabbricare in propor- zione molti più oggetti piccoli di altre regioni di formazione stellare più piccole e meno at- tive. Gli astronomi contano quanti oggetti si formano per ciascun intervallo di massa in regioni come la Nebulosa di Orione, per cercare di capire i pro- cessi di formazione stellare. (Questa informazione viene usata per calcolare la cosidetta Funzione Iniziale di Massa (IMF) che è un modo di descrivere quante stelle di massa differente costituiscono una popolazione stellare alla nascita. La forma di questa funzione permette di capire la fisica che sta dietro il processo di formazione delle stelle. In altre parole, determinare una IMF accurata, e avere una solida teoria che ne spiega l'origine, è di fonda- mentale importanza per lo studio della formazione stellare.) Prima di questa ricerca gli oggetti più numerosi avevano masse di circa un quarto della massa del Sole: la scoperta di una pletora di nuovi og- getti con masse molto minori nella Nebulosa di Orione ha mostrato un secondo picco a massa molto minore nella distribuzione dei conteggi stel- lari. Queste osservazioni suggerisco- no pure che il numero di oggetti di Q uesta sequenza confronta un’immagine in- frarossa della regione di formazione stellare nella Nebulosa di Orione, ottenuta con pose mul- tiple dalla camera HAWK-I al telescopio VLT, con la stessa zona di cielo vista in luce visibile con la camera WFI al telescopio MPG/ESO di 2,2 metri di diametro. Le lunghezze d'onda infrarosse, più lunghe, rivelate dalla camera HAWK-I possono penetrare le regioni polverose della nebulosa e mostrano molte stelle giovani che sono normal- mente invisibili e rivelano inoltre molte strane strutture create da stelle giovanissime e i getti che esse espellono. [ESO/H. Drass/Igor Chekalin] n un laboratorio ideale per meglio comprendere i processi e la storia della formazione stellare e per deter- minare quante stelle e con quali masse si formano. Amelia Bayo (Uni- versidad de Valparaíso, Valparaíso, Cile; Max-Planck Institut für Astro- nomie, Königstuhl, Germania), co- autrice dello studio e membro del gruppo di ricerca, spiega perché que- massa planetaria possa essere molto maggiore di quanto finora pensato. La tecnologia per osservare facil- mente oggetti di questo tipo ancora non esiste, ma il futuro telescopio europeo E-ELT (Extremely Large Te- lescope) di 39 metri di diametro, che dovrebbe entrare in funzione nel 2024, è progettato tra l'altro proprio per la ricerca di pianeti. Lo scienziato Holger Drass (Astrono- misches Institut, Ruhr-Universität Bo- chum, Bochum, Germany; Pontificia Universidad Católica de Chile, San- tiago, Chile) capo progetto di questo studio, si entusiasma: “Il nostro risul- tato mi sembra sia solo il primo sguardo dentro una prossima epoca di studi della formazione dei pianeti e delle stelle. Il numero gigantesco di pianeti che fluttuano liberamente nello spazio scoperti con i nostri at- tuali limiti osservativi mi dà la spe- ranza che scopriremo una gran quan- tità di pianeti di dimensioni confron- tabili alla Terra con E-ELT” .
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