l'Astrofilo luglio-agosto 2014

EVOLUZIONE STELLARE ASTROFILO l’ C onfronto tra un’immagine di Wd1 presa nel visibile (sinistra) e una presa nei raggi X. La ma- gnetar è total- mente invisibile nella prima, ma diventa l’oggetto singolo più bril- lante nella se- conda. [NASA/ CXC/UCLA/ M.Muno et al.] lione di anni di 1 supernova ogni 10000 anni. Non c'è da meravigliarsi che non siano stati scoperti residui gassosi di quegli eventi, poiché l'altissima densità stellare e i fortis- simi venti generati in quell'ambiente sono in grado si spazzare via qualunque traccia volatile in brevissimo tempo (astronomica- mente parlando). Ma le supernovae non lasciano dietro di sé solo gas in espansione, bensì anche un astro collassato, che a seconda della massa ini- ziale può essere una stella di neutroni o un buco nero. Se il progenitore ha una massa iniziale non superiore a 1,4 masse solari nel momento dell'esplosione darà origine a una stella di neutroni; oltre quel limite (detto di Chandrasekhar) nascerà un buco nero. Considerando le grandi masse delle stelle finora esplose all'interno di Wd1 (oltre le 40 masse solari) ci si può attendere solo buchi neri, i quali se non interagiscono con altre stelle o col gas interstellare risul- tano impercepibili. Inaspettatamente, nel 2005 il satellite-os- servatorio per raggi X Chandra scopre una pulsar proprio dentro Wd1, e l'anno succes- sivo quella pulsar viene identificata come sorgente di un lampo gamma. Le osserva- zioni nelle bande X e gamma portano gli astronomi a concludere che quell'oggetto, denominato CXO J164710.2-455216 (per brevità J1647-45), è una varietà di stella di neutroni decisamente rara, una magnetar, ovvero un astro collassato del tutto simile a una stella di neutroni (quindi una sfera grande come la Terra e pesante quanto il Sole) ma caratterizzato dalla presenza di un campo magnetico straordinariamente in- tenso (un milione di miliardi di miliardi di volte più forte di quello terrestre), che de- cade in un periodo medio di circa 10000 anni, cedendo energia ai processi di produ- zione ed emissione di raggi X e gamma. In tutta la Via Lattea sono state finora sco- perte solo un paio di dozzine di magnetar e da decenni gli astronomi dibattono sui meccanismi responsabili del forte campo magnetico di cui sono dotate. Sebbene il modello oggi più condiviso risalga al 1992 (è quello di Duncan-Thompson, vincitore del Bruno Rossi Prize nel 2003), è stata pro- prio la scoperta di J1647-45 a produrre le prove più concrete sull'origine di quegli esotici oggetti celesti. La differenza rispetto alle scoperte precedenti sta nel fatto che J1647-45 dovrebbe essere un buco nero, non una stella di neutroni, e capire perché il collasso non abbia sfondato la barriera neutronica ha fornito la chiave per inter- pretare correttamente l'origine del suo po- deroso campo magnetico. A spiegare come sono andate verosimil- mente le cose è stato un piccolo team di astrofisici, coordinato da Simon Clark (Open

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