l'Astrofilo maggio 2012

PLANETOLOGIA ASTROFILO l’ Le uniche cose che sembravano degne di attenzione erano delle zone ad alta riflet- tività individuate via radar in corrispon- denza dei poli, probabilmente all’interno di crateri dal fondo perennemente in ombra, interpretate come possibili giaci- menti di ghiaccio. Questa eventualità, per certi versi fine a sé stessa, è stata une delle motivazioni che hanno spinto la NASA a realizzare la peraltro sottovalutata mis- sione MESSENGER, divenuta realtà forse solo per un costo complessivo relativa- mente basso (meno di 450 milioni di dollari). A dispetto dell’orbita polare della sonda e delle oltre 100mila immagini della superficie del pianeta prese finora, le presunte riserve di ghiaccio ai poli non sono state ancora confermate, e ciò a causa del buio fitto che le avvolge. In compenso la missione ha rag- giunto risultati insperati grazie ai vari rile- vamenti di tipo geologico, geofisico, geo- chimico e geomagnetico, che hanno eviden- ziato con certezza come l’interno di Mercu- rio sia rimasto attivo molto più a lungo di quanto creduto fino a pochi mesi fa. Dal momento che l’attività interna si riper- cuote inevitabilmente in superficie, nei precisi rilievi topografici eseguiti con il Mercury Laser Altimeter (MLA) della MES- SENGER (in particolare nell’emisfero nord) dovevano esserci tracce evidenti di quel- l’attività, che se opportunamente interpre- tate avrebbero fornito un quadro preciso della struttura interna del piccolo pianeta. L’attenzione dei numerosi team di ricerca- tori impegnati nell’analisi dei dati (che hanno prodotto una sessantina di lavori, principalmente coordinati da Massachu- setts Institute of Technology, Carnegie In- stitution, Johns Hopkins University e NASA’s Goddard Space Flight Center) si è presto soffermata su tre situazioni partico- larmente interessanti. La prima: su Mercu- rio vi sono numerosi crateri da impatto il cui pavimento (il fondo più o meno piatto interno al bordo) risulta essersi inclinato, cosa che indica movimenti subsuperficiali dei terreni, avvenuti anche molto tempo dopo la formazione dei crateri stessi. La se- conda: il bacino da impatto Caloris, il più grande presente sul pianeta, con i suoi 1550 km di diametro, ha una consistente percen- tuale del suo pavimento che si trova alla stessa altezza (e in parte al di sopra) del bordo, una peculiarità che risulta interessare anche aree esterne a Caloris, per un’esten- sione che giunge approssimativamente a comprendere la metà della circonferenza a medie latitudini. Anche in questo caso i ri- cercatori ritengono che il fenomeno sia stato originato da ben più rilevanti movi- menti di masse subsuperficiali in epoche evi- dentemente non primordiali, considerando che Caloris si è formato fra 3,8 e 3,9 miliardi di anni fa, in pieno Late Heavy Bombard- ment. La terza: un’area pianeggiante ap- prossimativamente centrata sul polo nord e circondata da vasti territori di origine vulca- M osaico di una parte della superficie di Mer- curio realizzata con immagini rac- colte con la Wide Angle Camera (WAC) del Mer- cury Dual Imaging System (MDIS) a bordo della sonda MESSENGER, du- rante il flyby del 6 ottobre 2008. Pro- cedendo da sini- stra verso destra ci si allontana dal terminatore e i contrasti diven- tano pertanto più delicati. Le tona- lità blu corrispon- dono a terreni più vecchi e a bassa albedo; tonalità gialle e rosse indi- cano terreni espo- sti più di recente agli agenti dello spazio interplane- tario.[NASA/Johns Hopkins Univ. Ap- plied Physics La- boratory, Arizona State University, Carnegie Institute of Washington]

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