l'Astrofilo maggio-giugno 2014

EVOLUZIONE STELLARE ASTROFILO l’ occupato di levitazione radiativa nelle nane bianche aveva dato il giusto peso alla possibile prove- nienza esterna dei metalli. Gli unici casi in cui fu scelta questa opzione riguardano nane bianche partico- larmente fredde e/o ricche di me- talli, per le quali il meccanismo della levitazione radiativa non era sufficiente a dar conto di quanto osservato. Come fonte esterna di quei metalli fu scelto semplice- mente il mezzo interstellare (pol- veri e gas liberi nello spazio), o meglio sue locali concentrazioni, che si sarebbero occasionalmente trasferite nelle atmosfere in que- stione. Questa soluzione si sarebbe però dimostrata debole, per al- meno un paio di validi motivi. Il primo: le nane bianche con eccessi di metalli (rispetto alle previsioni teoriche) non si trovano in prossimità di addensamenti del mezzo interstellare, e se mai ne avessero attraversati in passato, i metalli acquisiti si sa- rebbero disperdersi da lungo tempo negli strati subsuperficiali (soprattutto nelle nane R endering del Far Ultraviolet Spectroscopic Ex- plorer, lo strumen- to col quale è stato raccolto il materiale utiliz- zato dal team di Martin Barstow per identificare la fonte dei metalli presenti nelle at- mosfere delle na- ne bianche. [JHU FUSE Project] A sinistra, Martin Barstow [Univer- sity of Leicester] bianche meno calde). Il secondo: le nane bian- che con atmosfere dominate dall'elio esibi- scono un rapporto fra idrogeno e calcio mol- to sbilanciato a favore del secondo, il che dovrebbe riflettere il rapporto fra quegli ele- menti nel mezzo interstellare, dove invece è decisamente l'idrogeno il più abbondante. Il puzzle ha iniziato a risolversi in anni re- centi, con la scoperta di nane bianche ricche di metalli e al tempo stesso circondate da anelli di polveri e gas (visibili nell'infrarosso). È proprio il materiale di cui sono composti quegli anelli che precipitando nelle atmo- sfere delle nane bianche apporta i metalli ri- levati. Ma qual è la sua origine? Secondo un lavoro recentemente pubblicato sul Monthly Notices of the Royal Astronomical Society , a firma di Martin Barstow e altri, a formare quel materiale sarebbero i resti di pianeti rocciosi che orbitavano attorno alle stelle prima della loro trasformazione in nane bianche. Gli sconvolgimenti stellari che por- tano a quello stadio finale sono in grado di far decadere le orbite planetarie e di portare quindi i pianeti a brevi distanze dalle nane bianche. Se quelle distanze sono inferiori al limite di Roche (nella fattispecie circa 1 rag- gio solare), i pianeti vengono fatti a pezzi e le loro macerie (con dimensioni variabili fra quelle della polvere e quelle di piccoli aste- roidi) si dispongono lungo un disco di accre-

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