l'Astrofilo aprile 2012

APRILE 2012 ASTROBIOLOGIA ASTROFILO l’ È facilissimo verificare come quell’ombra sia in realtà un debole chiarore, meglio visibile 3-4 giorni prima e dopo il novilunio, nel quale già a occhio nudo è possibile riconoscere le principali conformazioni della superficie se- lenica, che diventano un vero spettacolo puntando su di esse un normale binocolo. Quel chiarore, noto col nome di “luce cine- rea” è luce terrestre riflessa dalla Luna. La sua analisi spettroscopica ne rivela certa- mente l’origine solare, ma in essa è anche possibile individuare le tracce lasciate dal “contatto” con il nostro pianeta, in partico- lare con l’atmosfera, il che permette di ana- lizzarne indirettamente la composizione. A prima vista sembra una cosa stravagante, dal momento che non abbiamo certo biso- gno di guardare la Luna per sapere di che cosa è composta la nostra atmosfera; in re- altà c’è un risvolto sottilmente intrigante: la possibilità di riconoscere in un flusso lumi- noso proveniente dallo spazio l’impronta di elementi chimici sicuramente prodotti dal ciclo vitale di esseri viventi. Per certi aspetti, questo filone di ricerca non è nuovo, tanto è vero che i primi tentativi di analizzare a quei fini la luce cinerea risal- gono al 2002, ma non avevano dato i frutti sperati perché si limitavano a considerare quella luce nel suo insieme, senza sfruttarne alcune proprietà che avrebbero permesso di evidenziare quanto cercato. A ciò hanno invece provveduto gli autori dell’articolo citato all’inizio (intitolato “Bio- signatures as revealed by spectropolarimetry of Earthshine”), ovvero Michael F. Sterzik (European Southern Observatory, Cile), Ste- fano Bagnulo (Armagh Observatory, Irlanda) e Enric Palle (Instituto de Astrofisica de Ca- narias, Spagna), che hanno utilizzato uno dei due FOcal Reducer and low disper- sion Spectrograph (FORS) in dotazione al Very Large Telescope per analizzare lo spet- tro della componente polarizzata della luce cinerea (quindi onde elettromagnetiche che oscillando su uno specifico piano possono essere estratte dal “rumore” di fondo e os- servate in maggiore dettaglio). Le osservazioni astronomiche in luce polariz- zata basano sulla proprietà del campo ma- gnetico dell’onda di essere perpendicolare e proporzionale al campo elettrico. Attraverso appositi filtri, detti “polarizzatori”, è possi- bile isolare una specifica componente dal restante flusso luminoso, e se ciò che cer- chiamo è contenuto nel segnale così isolato riusciremo a vederlo molto meglio che non osservandolo nel “rumoroso” flusso di luce non polarizzata, dove le onde elettroma- gnetiche oscillano in tutti i possibili piani. Nella vita quotidiana abbiamo spesso a che fare con la polarizzazione della luce, anche senza saperlo. Si pensi ad esempio al tipo di Q uesto sche- ma illustra come lo spettro della luce solare assuma dei carat- teri distintivi at- traverso la rifles- sione sulla Terra, permettendo così di riconoscervi i biomarcatori. [ESO/L. Calçada]

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