l'Astrofilo marzo-aprile 2014

MARTE ASTROFILO l’ essere quell'ostacolo se non altra acqua? Sulla Terra esistono nume- rosi riscontri a quel ti- po di struttura e si trat- ta sempre di delta flu- viali che terminano in mare. Non è una “pisto- la fumante” ma ci va molto vicino. La stessa cosa vale per la più recente di tutte le scoperte legate a Va- stitas Borealis, realiz- zata da Lorena Moscar- delli, della University of Texas, e pubblicata in febbraio dalla Geologi- cal Society of America. Più che di una sco- perta si tratta di una reinterpretazione di un fenomeno noto e riguarda una gran quan- tità di massi, con dimensioni superiori al metro, che appaiono sparpagliati in vaste aree del presunto fondale oceanico, soprat- tutto in prospicienza della linea costiera. Se- condo astronomi e geologi, l'origine di quei massi sarebbe connessa all'impatto di me- teoriti di taglia rilevante, in pratica si trat- terebbe di materiale scagliato via dalla formazione di crateri, un'interpretazione forse accettabile per i massi prossimi ai luo- ghi degli impatti, ma non certo per quelli A sinistra, un’ area della su- perficie marziana disseminata di massi con dimen- sioni superiori al metro. Qui siamo in Arcadia Plani- tia, una delle re- gioni a bassa ele- vazione che com- pongono Vastitas Borealis. Quei massi rappresen- tano una delle ar- gomentazioni più solide a favore della teoria del grande oceano marziano [NASA, L. Moscardelli] Nell’immagine in basso (ottenuta con l’High Reso- lution Imaging Science Experi- ment del Mars Reconnaissance Orbiter), si no- tano delle strut- ture a catena formate dal roto- lamento di corpi solidi su una su- perficie apparen- temente fangosa. Gli oggetti re- sponsabili delle insolite tracce sono riconoscibili al termine delle tracce stesse. Il senso del rotola- mento è eviden- temente da de- stra verso sini- stra. [NASA] a cominciare da una scoperta quasi decisiva presentata la scorsa estate sul Journal of Geophysical Research . Alla base della sco- perta, lo studio da parte di un team di ricer- catori del California Institute of Technology (coordinato da Roman DiBiase) di una strut- tura a delta, ampia circa 100 km 2 , posta esat- tamente su un tratto perimetrale della Vastitas Borealis. Dallo studio emerge chia- ramente che non può trattarsi di un delta al- luvionale, simile a quelli già scoperti sui pendii interni dei crateri da impatto. I dati altimetrici indicano infatti che lo scorri- mento dell'acqua al suo interno procedeva non dalle ramificazioni verso il corso principale, bensì in senso opposto, con il corso principale che arrivato a un certo punto si apriva disper- dendosi in una complessa struttura a ventaglio, che ap- pare interrompersi brusca- mente proprio sulla linea del- la presunta costa. Ancora più interessante è il fatto che i depositi di massi, ciottoli e ghiaia nei greti della ramificazione sono più elevati proprio sul confine con Vasti- tas Borealis, come se qualcosa avesse ostacolato il defluire delle acque, provocando l'ac- cumulo del pietrame da essa trasportato. Che cosa poteva

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