l'Astrofilo marzo 2012

ASTROFILO l’ GALASSIE D i recente, astronomi dell’Harvard-Smi- thsonian Center for Astrophysics (CfA) hanno utilizzato lo strumento IRAC a bordo dell’osservatorio spaziale infrarosso Spitzer per scoprire quattro galassie che ap- paiono insolitamente rosse. Sono talmente rosse che riprodurre i loro colori con i modelli richiede valori di età, massa ed estinzione della polvere così estremi da far pensare che i correnti modelli sull’evoluzione delle galas- sie possano essere sbagliati. Ma cominciamo col chiarire che cosa inten- diamo quando in astronomia definiamo un oggetto “rosso”. I sensori attraverso i quali vengono riprese le immagini di galassie lon- tane sono monocromatici, quindi diversi da quelli delle più familiari camere digitali che catturano i colori automaticamente. Qualun- que astrofotografo abbastanza serio sa che devono essere usati dei filtri per registrare i colori quando si usano sensori specifici per astronomia. Se un oggetto è rosso, l’imma- gine monocromatica apparirà più brillante attraverso un filtro rosso che non attraverso un filtro blu, cosicché i colori potranno essere assegnati successivamente, quando i vari ca- nali saranno combinati via software. Le im- magini a colori sono tipicamente la somma di immagini ottenute tramite filtri rossi, verdi e blu, il che equivale a riprodurre i principali colori visibili all’occhio umano. Gli astronomi estendono il concetto di colore oltre le lunghezze d’onda alle quali possiamo realmente vedere i colori, pertanto, un og- getto che appare più brillante alla lunghez- za d’onda di 2 micron che non a quella di 1 micron è definito “rosso”. Il tutto è abba- stanza intuibile e il descrivere gli oggetti come “rossi” o “blu” facendo riferimento a una specifica coppia di lunghezze d’onda o di filtri è un modo semplice per comparare quegli stessi oggetti; un’utile sintesi in un campo già stracolmo di termini ottusi. Nel caso delle quattro galassie estrema- mente rosse scoperte da Spitrzer stiamo considerando lunghezze d’onda collocate nel range del vicino e medio infrarosso, esattamente a 1.65 e 4.5 micron (entrambe oltre la visione umana). A queste lunghezze d’onda il Sole, ad esempio, che ha il suo picco di emissione nel visibile, ha una lumi- nosità che cade vertiginosamente passando da 1.65 a 4.5 micron, rendendolo “blu” in questi filtri. La luce proveniente da una ga- lassia normale altro non è che la somma di miliardi di stelle con diverse temperature, e anch’esse tendono a essere più deboli a 4.5 micron che non a 1.65 micron. Allora perché c’è così tanto clamore per la scoperta di alcune galassie estremamente rosse? I vari effetti che possono agire per ren- dere le galassie “rosse” in quelle lunghezze d’onda sono al cuore del perché oggetti molto rossi attirano l’interesse dei ricercatori. Il primo effetto è semplicemente il redshift della sorgente. La velocità di recessione per una sorgente molto distante sposterà l’emis- sione di una galassia verso il rosso. È interes- A sinistra sono evidenziate 28 galassie parti- colarmente rosse appartenenti all’universo con età inferiore al miliardo di anni. [NASA, ESA, R. Bouwens and G. Illingworth (Uni- versity of Cali- fornia, Santa Cruz, USA)] L a forte compo- nente rossa nella luce di ga- lassie lontane può essere messa in evidenza anche attraverso il feno- meno delle lenti gravitazionali. Nel riquadro di sini- stra, una galassia ripresa con il tele- scopio spaziale Herschel (IR); in quello di destra, la stessa galassia ripresa in maggior dettaglio in luce visibile e blu, con sovrapposizione di luce submilli- metrica e rossa. [ESA/NASA, JPL- Caltech, Keck/SMA]

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