l'Astrofilo gennaio-febbraio 2015

quella presente sulla Terra, con tutto ciò che con- segue dal punto di vista astrobio- logico. L'ottimi- smo profuso da quest'ultimo la- voro è pressoché svanito a metà di- cembre, quando su Astrobiology Magazine è stata data notizia dei risultati di una serie di simu- lazioni al computer prodot- te da due ricercatori della University of Washington, Ro- drigo Luger e Rory Barnes, che sembrano mettere una pietra tombale sull'abitabilità dei pianeti delle nane rosse. I due della UW hanno posto l'accento su un aspetto finora piuttosto trascurato, quello del tempo necessario a una nana rossa per diventare stel- la a tutti gli effetti (ovvero per entrare nella cosiddetta “sequenza principale”), dopo aver attraversato le tumul- tuose fasi della sua lunga in- fanzia. Tale tempistica è cru- ciale ai fini dell'abitabilità dei pianeti, per- ché mentre a questi ultimi necessitano da al- cuni milioni ad alcune decine di milioni di anni per completare la loro formazione, alle nane rosse servono centinaia di milioni di anni, e al termine di quella fase risultano da 10 a 100 volte più luminose e quindi più calde di quanto non saranno dopo l'ingresso nella sequenza principale. Pertanto, i pia- neti che in un secondo tempo risulteranno orbitare nella zona abitabile, rimangono esposti per un lunghissimo periodo a un flusso di calore sufficiente a innalzare la temperatura atmosferica a centinaia o addi- rittura migliaia di gradi centigradi, con con- seguente totale evaporazione di eventuali oceani presenti in superficie. A quel punto è inevitabile l'instaurarsi un effetto serra globale, capace di spingere la pressione at- ASTROFILO l’ mosferica verso valori centinaia o migliaia di volte superiori a quelli terrestri. Vengono in- somma a formarsi condizioni ambientali più simili a quelle di Venere che non a quelle del nostro pianeta. Ma non è tutto, infatti una considerevole frazione dell'energia emessa dalle nane rosse è sotto forma di raggi X e UV, una ra- diazione che ha un effetto devastante sulle molecole d'acqua che si spingono più in alto nelle atmosfere dei pianeti posti a breve di- stanza dalla sorgente. Le molecole si spac- cano liberando gli atomi di idrogeno e ossi- geno, i quali, alle alte temperature cui sono sottoposti tendono a raggiungere la velo- cità di fuga e dunque a disperdersi nello spazio. Dal momento che ciò avviene con maggiore frequenza per il più leggero idro- geno, le atmosfere finiscono con l'essere dominate dall'ossigeno molecolare (O 2 ) e per quanto questo elemento sia utile alla vita, quando è troppo diviene dannoso. Potendo analizzare direttamente le atmo- sfere di quei pianeti (cosa fattibile entro pochi anni) si avrebbe l'illusione della pre- senza di vita, essendo l'ossigeno uno dei suoi possibili elementi rivelatori. Il rischio è quello di perdere molto tempo in indagini più approfondite, che darebbero invariabil- mente esiti negativi. In conclusione, la ri- cerca di vita extraterrestre attorno alle nane rosse è sì vantaggiosa per le tecnologie at- tualmente disponibili, ma ci sono elevate probabilità che non porti a nulla, nel senso che all'interno delle zone abitabili di quelle stelle potrebbero esistere unicamente pia- neti resi per sempre invivibili dalle tumul- tuose infanzie delle loro stelle. n

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