l'Astrofilo gennaio 2013

GENNAIO 2013 CORPI MINORI ASTROFILO l’ sono state trovate solo una cinquantina di meteoriti sicuramente classificabili come pallasiti, e dalle proprietà chimico-fisiche dei singoli campioni è stato possibile capire che hanno come progenitori solo tre diversi og- getti protoplanetari o poco più. Opportunamente sezionate, le pallasiti mo- strano la loro straordinaria struttura semi- trasparente, caratterizzata dalla presenza di cristalli più o meno puri di olivina, un com- posto dall’aspetto vitreo a base di silicio, os- sigeno, magnesio, ferro e altro ancora, abbastanza comune sia sul nostro pianeta sia su altri corpi solidi del sistema solare. I cristalli di olivina offrono un contrasto stri- dente con la matrice a prevalente base di ferro e nichel nella quale appaiono immersi. Piccole quantità di questi metalli sono visi- bili anche all’interno dei cristalli di pallasite sotto forma di minuscole impurità. L’alternanza fra le due componenti vetrosa e metallica è così spiccata da conferire alle pallasiti sezionate un fascino tutto partico- lare, tanto che occasionalmente vengono utilizzate anche in gioielleria per la crea- zione di preziosi monili. Ma perché quelle due componenti, tanto diverse fra loro, sono mescolate in tal guisa? Dopo un paio di secoli senza una risposta convincente, si è alla fine consolidata l’idea che le pallasiti fossero frammenti dello strato di transizione fra nucleo e mantello di planetoidi primordiali andati distrutti in epoche remote. Poiché il raffreddamento di un oggetto di quel tipo inizia negli strati più esterni per poi continuare verso il cen- tro, dove si concentrano i metalli più pe- santi, vi è sicuramente un periodo in cui il materiale fuso del nucleo preme contro la struttura già solidificata e parzialmente po- rosa del mantello, iniettando all’interno di essa metalli liquidi che vanno a riempire tutte le fessure che trovano. Una volta che le intrusioni si raffreddano verrebbe a cre- arsi la tipica struttura delle pallasiti, e la suc- cessiva distruzione dei planetoidi per reciproche collisioni spargerebbe il prezioso materiale nello spazio interplanetario. L’idea nel suo insieme è buona, ma c’è un aspetto che dà adito a più di un dubbio: perché le pallasiti sono tanto rare se il mec- canismo della loro formazione può aver in- Q uesta impressionante illustra- zione di Don Davis immortala ef- ficacemente il meccanismo che nel lonta- no passato portò alla genesi delle pallasiti: un massiccio asteroide si schianta contro un ben più grande planetoide e l’immenso calore che si sviluppa fonde il nucleo metallico del primo, fa- cendo infiltrare parte del materiale liquefatto nel sotto- suolo del secondo, dove si mischia con le gemme di olivina.

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