l'Astrofilo gennaio 2012

CORPI MINORI ASTROFILO l’ I grafici di que- sta pagina mo- strano, sotto forma di adden- samenti di punti, le più importanti famiglie di aste- roidi apparte- nenti alla fascia principale com- presa fra le orbite di Marte e Giove. Nel grafico qui a fianco sono stati messi in relazione inclinazione dell’orbita (i) e semiasse mag- giore dell’orbita (a), mentre nel grafico in basso è l’eccentricità dell’orbita (e) ad essere messa in relazione con l’iclinazione. In entrambi i casi gli addensamenti sono evidenti e non attribuibili a una distribuzione casuale dei para- metri orbitali. Il grafico in alto mostra anche una peculiarità nella distribuzione dei semiassi mag- giori: non ci sono oggetti posti a 2,5, 2,82 e 3,6 unità astronomi- che. Queste di- stanze dal Sole corrispondono in- fatti a orbite in forte risonanza con quella di Giove e il destino degli asteroidi che si trovano a percorrerle è quello di essere presto sbalzati fuori dalla fascia principale. da un impatto con un suo simile, si aggirava attorno ai 170 km. Il team di Boulder ha cal- colato che l’evento ori- ginò almeno 300 fram- menti di dimensioni non trascurabili e che uno di essi poteva avere caratte- ristiche orbitali compati- bili con l’oggetto di circa 10 km di diametro che 65 milioni di anni fa precipi- tò sulla Terra, causando l’e- stinzione dei dinosauri e di numerose altre specie viventi. Il lungo lasso di tempo in- tercorrente fra la violenta nascita della famiglia e l’impatto di un suo com- ponente con la Terra, ov- vero un centinaio di milioni di anni, è rite- nuto dagli astronomi compatibile con il periodo necessario ai pianeti maggiori per sospingere il frammento nel sistema solare interno, e una volta qui a metterlo in rotta di collisione con la Terra. Ma le cose sono andate davvero così? Pare proprio di no! Il lavoro del 2007 aveva dedotto le masse dei principali componenti del- la famiglia di Baptistina dalla luce solare che essi riflettono nella banda vi- sibile dello spettro elettro- magnetico, una tecnica che comporta un certo margine di errore nella valutazione della cosid- detta albedo, la riflettività superficiale. Nota l’albe- do, la quantità di luce ri- cevuta dall’osservatore e la distanza dell’oggetto osservato, si può stimare l’area della superficie ri- flettente e quindi risalire, nei limiti della conoscenza della sua forma, al volume dell’oggetto e infine alla massa, adottando a tal fi- ne ragionevoli valori di densità. Un percorso piuttosto contorto che anche nel migliore dei casi resta vincolato alle stime incerte sulla riflettività superficiale. Ma le incertezze sono state ora superate grazie a un approccio diverso al problema, messo recentemente in atto dal team di astronomi che gestisce il telescopio orbitale Wide-field Infrared Survey Expolorer (WISE)

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