l'Astrofilo gennaio 2012

ASTROBIOLOGIA ASTROFILO l’ delle masse planetarie) l’accelerazione im- pressa alle particelle, direttamente dipen- dente nella realtà dalla massa, dalla ve- locità relativa e dalla traiettoria degli og- getti impattanti. Reyes-Ruiz e colleghi han- no trovato ragionevole considerare solo velocità inferiori ai 33 km/s. Al termine di una lunga serie di elaborazioni numeriche, con velocità delle particelle com- prese fra 11,22 km/s e 16,4 km/s, i risultati sono apparsi subito particolarmente interes- santi. Alle velocità più basse, superiori di ap- pena l’1% alla velocità di fuga dalla Terra, circa il 5% delle particelle ricade sul nostro pianeta, mentre poche altre finiscono sulla Luna e su Venere. È però sufficiente salire a 11,7 km/s per registrare le prime particelle in grado di raggiungere Marte, anche se resta Venere la destinazione preferenziale. A velocità di fuga ancora maggiori non è solo Marte a essere raggiunto più agevol- mente, ma anche Giove, soprattutto attorno al valore di 14,7 km/s. Oltre questo limite e fino ai 16,4 km/s considerati nelle simula- zioni, la percentuale di particelle che impat- tano i pianeti scema rapidamente, e l’unico attrattore rimane il Sole. Al di là dei 16,4 km/s le particelle sono sufficientemente ve- loci da uscire dal sistema solare, disperden- dosi nello spazio interstellare. Per quanto riguarda i tempi richiesti dalle singole particelle per raggiungere un de- terminato corpo planetario, essi dipendo- no principalmente dalle velocità ini- ziali e dalla posi- zione dell’obiettivo nell’istante in cui viene avviata la si- mulazione. Da notare che gli impatti che avven- gono nell’emisfero precedente del no- stro pianeta sono mediamente più e- nergetici, e dunque producono velocità di fuga più elevate rispetto a quelli che avvengono nell’e- misfero seguente. La Terra ruota in- fatti attorno al Sole a una velocità pros- sima ai 30 km/s, e un impatto fronta- le con un asteroide (o con una cometa) che viaggia in direzione opposta genera energie (e quindi accelerazioni dei fram- menti) ben superiori a quelle tipiche di un “tamponamento da tergo”. Sebbene i risultati ottenuti dal team di Reyes-Ruiz migliorino notevolmente quelli di simulazioni precedenti (essenzialmente grazie al fatto di poter contare su computer più potenti che consentono di muovere un maggior numero di particelle), resta il fatto che per certi versi la statistica è ancora un po’ debole e l’unico elemento significativo è la concreta possibilità che in passato bat- teri terrestri possano aver raggiunto Marte e là possano essere sopravvissuti per un de- terminato periodo di tempo. Si tratta di un quadro suggestivo che un giorno potrebbe trovare riscontro nella realtà, ma che per ora non va oltre l’ipotesi verosimile. I n questa rap- presentazione artistica vediamo l’aspetto di Marte all’epoca in cui si presume fosse molto più simile alla Terra. Batteri eventualmente sfuggiti al nostro pianeta e succes- sivamente caduti in questo acco- gliente ambiente, avrebbero sicura- mente avuto modo di prolife- rare per decine di milioni di anni. [Thierry Lombry] n

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