l'Astrofilo gennaio 2012

tipiche della fusione (come i bracci mareali delle galassie “Antenne”) rimangono visibili. Per capire l’importanza del fattore durata, facciamo un esempio fantasioso. Immagi- niamo che due galassie interagenti mostrino nei nostri telescopi delle strutture disturbate dall’evento solo per 1 anno. Poco prima ap- paiono del tutto normali e finito l’anno sono totalmente fuse e appaiono come una nor- male galassia. Se facciamo una campagna osservativa e troviamo che 1/10 delle galassie mostra segni più o meno evidenti di interazione/fu- sione, allora possiamo concludere che una galassia, in media, subisce un evento di fu- sione una volta ogni 10 anni. Se il periodo temporale entro il quale le tracce della fu- sione rimangono ben visibili fosse invece di 10 anni, ecco che la media diventa di un evento ogni 100 anni. Questo ci riporta al problema di dover simu- lare il comportamento della materia lumi- nosa durante una fusione fra galassie, al fine di stimare quanto a lungo le tracce dell’evento rimangono visibili. Una solu- zione in tal senso è stata trovata da alcuni ricercatori appartenenti a vari istituti colle- gati alla NASA. Sotto la guida di Jennifer Lotz, hanno simulato l’evoluzione della ma- COSMOLOGIA ASTROFILO l’ dard umani. Una galassia di medie dimen- sioni (massiccia come la nostra Via Lattea) impiega tipicamente più di 100 milioni di anni per completare una rotazione sul pro- prio asse. I tempi scala delle fusioni sono si- mili e pertanto non abbiamo alcuna speranza di trovare una soluzione monito- rando una singola coppia di galassie in fu- sione, salvo tramandare i dati raccolti oggi ai nostri pro, pro, pro (3 milioni di volte) ni- poti, una soluzione poco pratica! Come si può intuire, questo è uno dei pro- blemi principali in astronomia, assieme al fatto che solitamente non si possono fare esperimenti diretti. Sebbene possiamo aggi- rare questo ostacolo con le simulazioni al computer, resta comunque indispensabile trovare un modo per raffrontare le previ- sioni derivanti dai modelli con i dati osserva- tivi. Nel caso delle galassie interagenti, tutto ciò che possiamo fare sul piano osservativo è “raccoglierne” un nutrito campione e con- tare quante di esse si trovano in vari stadi di interazione. Così procedendo ne sapremo di più sulla percentuale di galassie che ci appa- iono ora in interazione, ma non avremo in- formazioni sulla frequenza temporale di quegli eventi, a meno che non si riesca a cal- colare quanto a lungo determinate strutture Q ui sopra ve- diamo esem- pi reali di varie fasi di fusione fra galassie. Nella prima zoomata le due galassie non hanno ancora perso la loro forma. Nel se- condo ingrandi- mento, di altre due galassie sono ancora riconosci- bili i nuclei origi- nari. Nel terzo e quarto ingrandi- mento vediamo fasi avanzate di altre fusioni, dove ormai a dominare la scena è un sin- golo e nuovo og- getto, per quanto ancora perturbato dalle maree gravi- tazionali. [NASA; ESA; J. Lotz, STScI; M. Davis, Univer- sity of California, Berkeley; and A. Koekemoer, STScI]

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