l'Astrofilo gennaio 2012

ASTROBIOLOGIA ASTROFILO l’ invariato lungo tutto l’orbita e quindi può essere distinto spettroscopicamente dall’al- tro flusso (tralasciamo le infi- nitesime variazioni dovute allo spostamento sull’orbita rispetto all’osservatore, pe- raltro a carico di entrambi i flussi). È questo il nocciolo della questione: il flusso in funzione del tempo della luce naturale ha un anda- mento più sinuoso, mentre quello della luce artificiale è più rettilineo, e osservazioni protratte sul lungo periodo possono discriminare i due flussi. Potrebbe tuttavia esi- stere una remota probabilità che gli “elementi rivelatori” siano in realtà di origine na- turale, potremmo ad esem- pio essere ingannati da un’atmosfera aliena ricca di vapori di mercurio o di sodio (gli stessi che utilizziamo per illuminare le strade) eccitati da fonti di energia anch’essa naturale. Se così fosse, però, la distribuzione e l’intensità luminosa di quegli elementi dovrebbe risultare, sempre sul lungo periodo, uniforme rispetto alla superficie planetaria e quindi riconoscibile, mentre fonti luminose al suolo, creerebbero un flusso molto meno omogeneo e variabile con la rotazione del pianeta. Il metodo più efficiente e potente nell’identificazione di illuminazione artifi- ciale su altri pianeti è dunque quello di mi- surare le variazioni dei flussi luminosi in funzione della distanza orbitale e del pe- riodo di rotazione. Riassumendo, se fosse possibile osservare direttamente un pianeta di tipo terrestre per un periodo ragionevolmente lungo (qualche anno) avremmo buone probabilità di capire se è presente una forma di illumi- nazione artificiale sulla sua superficie. (Con gli attuali strumenti a disposizione degli astronomi, il nostro inquinamento è distin- guibile a 1000 ua di distanza.) Tutto ciò senza considerare che parallelamente si po- trebbe procedere alla ricerca nell’atmosfera di quel pianeta di tracce di attività biologica e industriale, e che grazie a potentissimi ra- diotelescopi in fase di ultimazione o in pro- gettazione, non siamo lontani dal poter captare le telecomunicazioni di un’even- tuale civiltà aliena presente entro alcune decine di anni luce, indipendentemente dalla volontà di quella civiltà di voler comu- nicare con noi. Una prospettiva molto pre- occupante se provassimo a invertire le parti: quanti alieni, con tecnologie superiori alle nostre, sanno già molto di noi, senza avere la benché minima necessità di venire a scor- razzare nei nostri cieli con l’ultimo modello di UFO? Auguriamoci che la velocità della luce continui ad essere un limite invalica- bile, checché ne dicano al CERN…! n O ccasional- mente i pia- neti possono anche “brillare” di luce propria e non solo di luce ri- flessa, ad esempio attraverso il feno- meno delle aurore (nella foto ne ve- diamo una au- strale). Si tatta comunque di un tipo di luce che non può essere confuso con quella artificiale, anche perché non si ri- presenta puntual- mente ad ogni rotazione [NASA]

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