l'Astrofilo dicembre 2011

ASTRONAUTICA ASTROFILO l’ stessa. Ciò porta a una graduale ripulitura delle orbite basse, quelle dove è preva- lente la presenza umana. Nelle orbite alte, invece, dove la resistenza atmosfe- rica non è significativa, quello stesso pro- cesso può durare millenni. (Il Vanguard-1 lanciato nel 1958 è ad oggi il più longevo satellite non più operativo presente in or- bita terrestre alta). Attualmente si stanno sviluppando alcuni progetti che in qualche modo tendono sia a migliorare la nostra conoscenza della distribuzione dei detriti spaziali in orbita terrestre, sia a cercare una soluzione pratica. In particolare la DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency) e il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, in collabora- zione con il MIT (Massachusetts Institute of Technology), stanno portando avanti lo svi- luppo del SST (Space Surveillance Telescope), uno strumento che sarà in grado di effet- tuare scansioni del cielo più velocemente di altri telescopi già in funzione, in modo da seguire con maggiore precisione e velocità l’evoluzione orbitale dei detriti spaziali ed evitare con “alert” in tempo quasi reale eventuali collisioni. Un altro interessante progetto è il satellite CubeSail, sviluppato dal team di Vaios Lap- pas, del Surrey Space Centre, presso l’Univer- sità del Surrey. Si tratta di un nanosatellite delle dimensioni di 10x10x30 cm che una volta in orbita dispiega una vela solare di 5x5 m. L’idea di funzionamento è relativa- mente semplice: l’azione del detrito spaziale che colpisce la vela crea una frizione che tende a rallentare la velocità orbitale del de- trito stesso e quindi a farlo decadere dall’or- bita. Il CubeSail, spazzando l’orbita di lavoro la ripulirebbe dalla presenza di detriti; inol- tre mediante la pressione della radiazione solare potrebbe spostarsi da un’orbita all’al- tra e ripulire, quindi, diverse regioni di spa- zio. Al termine della missione verrebbe fatto a sua volta deorbitare. Oggi, le compagnie aerospaziali che gesti- scono i lanci e i satelliti in orbita hanno svi- luppato il concetto di “fine missione” con l’estensione al deorbiting. In particolare, un satellite giunto a fine mis- sione viene deliberata- mente fatto deorbitare con una manovra control- lata in una zona della su- perficie terrestre disabi- tata (in genere una zona dell’Oceano Pacifico de- nominata “il cimitero del- le astronavi”). Gli ultimi stadi dei lanciatori, inve- ce, utilizzano una parte del combustibile per ope- rare anch’essi una mano- vra di deorbiting control- E cco il risultato di due impatti di detriti spaziali contro (a sinistra) il finestrino dello Shuttle Challen- ger (STS-7) e (a destra) un pan- nello del Solar Max experiment. [NASA] I l serbatotio principale (circa 250 kg) di un razzo Delta 2 rientrato in atmosfera il 22 gennaio 1997 vicino alla città di Georgetown, in Texas.

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