l'Astrofilo dicembre 2012

PLANETOLOGIA ASTROFILO l’ mostrare uno scenario a metà strada fra gli altri due, il che ben si accorderebbe con l’al- bedo riscontrata, ma così non sembra. I ricercatori impegnati nel lungo lavoro di interpretazione dei dati raccolti durante l’occultazione tentano di spiegare l’inattesa mancanza di un’atmosfera ipotizzando che Makemake sia dotato di un involucro gas- soso incompleto, in grado di avvolgere solo una parte della superficie. Una struttura di quel tipo sarebbe potuta sfuggire ai tele- scopi che hanno seguito l’occultazione, in quanto ciascuno di essi ha registrato solo una corda della figura proiettata del pia- neta nano, e all’esterno delle varie corde ri- mangono ampi margini per collocare sia un’atmosfera parziale sia eventuali lune con diametro inferiore ai 200 km (che però pare non esistano, come detto in precedenza). L’ipotesi dell’atmosfera parziale, forse strut- turata in bande o in calotte a seconda del- l’orientazione dell’asse di rotazione verso il Sole, ben si concilierebbe con alcune serie di misurazioni termiche che evidenziando re- gioni di diversa albedo infrarossa suggeri- scono la presenza su Makemake di due tipi distinti di terreno, uno più riflettente, l’altro meno: sul primo l’atmosfera sarebbe preci- pitata, sul secondo sarebbe ancora in so- spensione. Non si può però escludere che i diversi terreni abbiano albedo diverse per altri motivi e che l’atmosfera mancante, dove non precipitata al suolo, sia semplice- mente sfuggita alla debole attrazione gra- vitazionale del pianeta nano. I mmagini di Ma- kemake otte- nute con il tele- scopio spaziale Hubble. Riprese profonde del cielo attorno a questo pianeta nano non hanno evidenziato la presenza di lune, quindi le chiazze di luce visibili esternamente alla figura principale sono da conside- rare artefatti. [NASA/ESA] n filo verticale. Se Makemake avesse un’atmo- sfera anche molto più rarefatta di quella di Plutone, essa avrebbe reso meno brusca la caduta e la risalita della luce stellare, ma così non è stato. Il non aver osservato alcun in- volucro gassoso è però già di per sé un risul- tato molto interessante, perché sapendo che tutta la luce riflessa dal pianeta nano è attribuibile alla superficie e potendo stimare l’area riflettente sulla base delle nuove di- mensioni calcolate, si deduce con precisione il valore dell’albedo media, risultato pari a 0.77, quindi sensibilmente più elevato di quello di Plutone, 0.52, ma decisamente in- feriore a quello di Eris, 0.96. Quest’ultimo è vicinissimo al massimo valore possibile per l’albedo di un corpo planetario, 1 corri- sponde infatti a una riflettenza del 100% della luce solare e può essere associato a su- perfici perfettamente bianche e quindi rico- perte di ghiaccio puro. Il motivo di tanta diversità risiede principal- mente nelle grandi differenze fra le distanze dal Sole dei tre oggetti qui raffrontati. Con le sue quasi 40 UA medie, Plutone è ancora in grado di mantenere una parte degli ele- menti volatili superficiali allo stato gassoso, situazione che sostiene la sua tenue atmo- sfera e ne modera l’albedo. Eris, invece, di- stando mediamente dal Sole 68 UA si ritrova con un’atmosfera completamente precipi- tata sulla superficie, dove forma un deposito di ghiaccio a base di azoto, metano e altri elementi volatili. Makemake, trovandosi a una distanza intermedia, dovrebbe in teoria

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