Astrofilo ottobre 2013

ASTROBIOLOGIA polazioni di altri pianeti. Inver- tendo le parti, la totale assenza di segnali intelligenti prove- nienti dallo spazio (per come noi li intendiamo) potrebbe quindi anche indicare che le civiltà tec- nologiche non durano il tempo sufficiente per rendersi visibili a civiltà aliene, il che rappresente- rebbe un campanello d'allarme per l'umanità. Da qualunque parte lo si guardi, il paradosso di Fermi ci prospetta una realtà scomoda. A renderla ancor più scomoda giunge ora un articolo del bimestrale Acta Astronautica , firmato da Stuart Armstrong e Anders Sandberg, ri- cercatori presso il Future of Hu- manity Institute (Università di Oxford). L'FHI è un istituto di ri- cerca multidisciplinare che si pone l'obiet- tivo di intuire come l'umanità evolverà nei secoli e nei millenni, e fin dove potrà spin- gersi nel cosmo, ipotizzando l'uso di tecno- I l celebre mes- saggio in codice binario inviato nel 1974 con il ra- diotelescopio di Arecibo verso l’ammasso globu- lare M13. Fu quello il primo e unico tentativo mirato di infor- mare della nostra esistenza even- tuali civiltà aliene. A destra, un e- sponente di rilie- vo del program- ma SETI, Richard Factor, posa da- vanti all’illumina- tore della gigan- tesca parabola di Arecibo. Nono- stante la sua qua- si quarantennale attività, il pro- getto SETI non ha captato alcun messaggio di tipo intelligente, raf- forzando l’inter- rogativo posto da Fermi: “Dove sono tutti?”. mente potenti o comprensibili, oppure non hanno intenzione di comunicare. O più sem- plicemente, le civiltà che raggiungono o su- perano il nostro livello non sopravvivono abbastanza a lungo da rendersi visibili oltre un piccolo raggio attorno al pia- neta che abitano. Noi terrestri, unico esempio disponibile, abbiamo iniziato le trasmissioni radio poco più di un se- colo fa e quindi la nostra presenza è, ipoteticamente, rilevabile fino a un centinaio di anni luce di distanza (in realtà la gran parte dei segnali emessi si perde per strada o diventa illeggi- bile ben prima di raggiungere quella distanza). Se quindi non c'è una ferma volontà di comunicare e non si hanno i giusti mezzi non c'è verso di farsi no- tare. Si prenda ad esempio il messag- gio “una tantum” inviato dagli astro- nomi con il radiotelescopio di Arecibo nel '74 verso l'ammasso M13 in Ercole: per avere qualche speranza di essere captati bisognerebbe inviarne in con- tinuazione di simili verso tutte le parti del cielo, ma una simile campagna di comunicazione si scontra con una serie di problematiche che potrebbero non essere risolte prima della nostra eventuale estinzione, il che ci farebbe passare inosservati agli occhi delle po-

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