l'Astrofilo ottobre 2012

BUCHI NERI ASTROFILO l’ galassie diverse che a loro volta si fondono. Idea interessante, destinata però a rimanere sulla carta in assenza di esempi concreti ri- scontrati nella realtà. Pur conoscendo gli effetti che gli IMBHs pos- sono produrre sulle masse ad essi più vicine, nella nostra galassia non ne sono finora stati scoperti con certezza, quando invece di quelli di taglia stellare se ne conoscono al- cune decine, in aggiunta a quello supergi- gante "nascosto" nel cuore della Via Lattea. Nelle altre galassie, per ovvi motivi legati alle grandi distanze, è relativamente facile stanare solo buchi neri supergiganti e più si osserva lontano meno probabilità ci sono di individuare quelli di massa intermedia. Anche per questi motivi, i primi incorag- gianti tentativi volti a scoprirli sono stati fatti all'interno della nostra galassia. La for- tuna sembrava arridere agli astronomi nel 2004, quando alcuni astronomi coordinati da Jean-Pierre Maillard, dopo aver rielabo- rato dati ottenuti con il Gemini North Tele- scope delle Hawaii, davano l'annuncio della scoperta di un candidato IMBH posto a 3 anni luce di distanza da Sagittarius A*, il ben più grande buco nero centrale. Deno- minato GCIRS 13E, il nuovo oggetto era un'intensa sorgente di raggi X, apparente- mente formata solo da 7 stelle da 5 a 10 I l buco nero su- permassiccio della Via Lattea (qui sotto indi- cato da una frec- cia) potrebbe essere circondato da numerosi buchi neri più piccoli che stimo- lano la forma- zione di ammassi stellari (esagerati nell’illustrazione), tutti ancora da scoprire. [X-ray: NASA/CXC/MIT/F. K.Baganoff et al.; Illustration: NASA CXC/M.Weiss] I mmagine a falsi colori di CGIRS 13E, un’intensa sorgente di raggi X con- siderata a torto per alcuni anni il primo caso di IMBH. [Gemini Obs.] volte più grandi del Sole. La strut- tura, vecchia meno di 10 milioni di anni, si presentava piuttosto compatta (0,065 anni luce) e dina- micamente dominata da una massa invisibile stimata in 1300 masse solari e interpretata come un grande buco nero nato dalla coalescenza di numerosi astri col- lassati, appartenenti un tempo al medesimo ammasso, ora ridotto ai minimi termini. La scoperta era piuttosto convin- cente poiché lo scenario comples- sivo era esattamente quello che ci si attendeva di trovare attorno a un buco nero di taglia intermedia. Essendo infatti questa tipologia troppo mas- siccia per derivare dal collasso di una sola stella o da un sistema binario, non poteva che trarre origine dalla fusione di più buchi neri formatisi a breve distanza uno dall'al- tro, in un ambiente ad alta densità stellare come è appunto un ammasso di stelle. A di- spetto dei presupposti favorevoli, la candi-

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